1, - Razzismo di secondo grado. - La razza dell'anima.
(Ρατσισμός δεύτερου βαθμού- Η ράτσα της ψυχής)
JULIUS EVOLA: SINTESI DI DOTTRINA DELLA RAZZA Σελ. 310 Edizioni di Ar |
Έ su questo piano più alto che l'antropologia e la paleantropologia divengono preziosi ausiliari per la ricerca degli elementi razziali primari, entrati in composizione, sovrappostisi o scontratisi nei primordi delle civiltà. Per i compiti più alti della dottrina della razza, non basta aver constatato la presenza, ad esempio, nelle origini italiche, di un dato numero di scheletri e di crani tipici e, integrando tali ricerche con quelle archeologiche, poter affermare fondatamente l'esistenza di un antico, puro tipo umano nordico-ario italico. Non si uscirebbe, con ciò, da un àmbito da museo. Bisogna, in più, far parlare questo tipo, penetrare quel che una data forma corporea esprime, ciò di cui una data struttura umana è simbolo. Cosa impossibile, senza passare nel dominio del razzismo di secondo e, in una certa misura, persino di terzo grado, discipline che lavorano con altri metodi di ricerca e utilizzano un altro ordine di documenti e di testimonianze.
Come razzismo di secondo grado si può considerare la cosiddetta Rassenseelekunde o "psi-antropologia" di L. F. Clauss, per quanto riguarda i suoi metodi e i suoi criteri generali. (Σαν ρατσισμός δεύτερου βαθμού , σε ότι αφορά τις μεθόδους του και τα γενικά κριτήρια ,μπορεί να θεωρηθεί η αποκαλούμενη "φυλετική ψυχολογία" του L. F. Clauss.) La necessità di una tale ricerca, dal Clauss è stata messa in chiaro con esempi convincenti. (115)
Si consideri, p. es. il fenomeno della comprensione. Nella realtà si danno fin troppi casi di persone, che sono esattamente della stessa razza del corpo, dello stesso ceppo, talvolta perfino — come fratelli o padri e figli — dello stesso sangue nel senso più reale, ma che purtuttavia non riescono a comprendersi. Una frontiera separa le loro anime, il loro modo di sentire e di vedere è diverso e contro di ciò la comune razza del corpo e il comune sangue nulla possono. Esiste una possibilità di comprensione, e quindi di vera solidarietà, di unità profonda, solo dove esiste una comune "razza dell'anima". Entrano in quistione, qui, clementi sottili, di una istintiva sensibilità. Mentre per lunghi anni di nulla si è sospettato, in una data circostanza può accadere che una data persona col suo modo di agire ci dia la sensazione netta che essa "è di un'altra razza" e, allora, non vi è più nulla da fare con essa, potranno sussistere, con essa, rapporti di varia natura, ma sempre presso ad un intimo ritegno, ad un' intima disianza. Essa "non è più dei nostri". Di solito, qui, si parlava di carattere. L'espressione è vaga. Non vi è, infatti, un "carattere" in generale ma vi sono differenti modi, condizionati dalla razza interna, di apparire delle doti di carattere. Ad esempio, il modo di esser "fedele" di un essere di razza levantina è diverso da quello di un uomo di razza nordica o dinarica. Il modo di concepire l'eroismo di un uomo mediterraneo è diverso da quello di un Giapponese o di un Russo, per usare espressioni generiche e non entrar, qui, nelle precise denominazioni inerenti ad una dottrina della razza dell'anima.
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