Κυριακή 21 Νοεμβρίου 2010

SVEN HASSEL:MALEDETTI DA DIO

GLORIOSO DESTINO

« FUORI, fuori! » urlava il Vecchio Unno. « Questa è la fine del ventisettesimo reggimento corazzato. »
Venti minuti dopo i nostri seicento carri armati erano ridotti a rottami contorti e bruciacchiati. Dopo altri venti minuti il colonnello von Lindenau giunse a bordo della sua vettura da campagna, e dopo aver guardato i carri annientati, disse con voce stanca:
« Che tutti gli uomini che ne hanno la possibilità tornino ai nostri vecchi alloggiamenti. Il ventisettesimo reggimento non esiste più, dopo questa tragica batosta che l'aviazione ci ha inflitto ».
Era la nostra aviazione. Per un deplorevole errore erano stati i nostri Stukas a bombardarci.
Pochi giorni dopo eravamo di nuovo in azione con nuovi equipaggi e nuovi carri armati fatti giungere in gran fretta da Charkov.
Fu allora che scopersi con profondo disgusto quanto la guerra può avvelenare lo spirito.
Ho sempre odiato la guerra, e la odierò sempre; e tuttavia mi comportai allora esattamente nel modo più esecrabile, quello che condanno negli altri, e di cui ancora oggi ho rimorso e non riesco a giustificare.
Dal mio periscopio vidi un soldato russo uscire con un balzo da una buca di granata per correre a rifugiarsi in un'altra, poco distante. Con efficiente rapidità puntai su di lui il mirino e gli diedi una sventagliata con la mitragliatrice. I proiettili gli scoppiettarono tutt'attorno senza però colpirlo. Vedendo il mio carro avvicinarsi, schizzò fuori dalla buca in cui si era rifugiato e corse come una lepre verso un'altra. E di nuovo la rosa dei proiettili danzò attorno a lui. Anche Porta cominciò a sparargli, ma senza riuscire a toccarlo. Porta si faceva le più matte risate e teneva Stalin a una delle feritoie perché potesse assistere alla nostra caccia.
« Guarda come si balla quando suoniamo noi », gli disse.
(194) Il russo doveva ormai aver perduto la ragione per la paura, perché correva a torno a torno in circolo. E di nuovo la nostra mitragliatrice crepitò investendolo di colpi, e tuttavia, con nostro grande- stupore, non riuscì a colpirlo. Il Vecchio Unno e Stege ridevano ormai di gusto anche loro, e Stege ci disse in tono di scherno:
« Sant'Iddio, non siete neppure più capaci di stender piatto qualcuno? »
Lanciai una maledizione e,, mentre quel disgraziato tentava di raggiungere con un altro salto la più prossima buca, lo investii con il getto del lanciafiamme. Quindi mi volsi a Stege dicendogli:
« Hai visto, se l'ho steso piatto? »
« Davvero? » mi rispose Stege. « Da' un'occhiata dal tuo periscopio! »
Non riuscivo a credere ai miei occhi; mezzo carbonizzato, nero da capo a piedi di miscela del lanciafiamme, il russo stava ancora correndo e riuscì anzi a infilarsi di corsa in una casa, suscitando tra i miei amici un coro poderoso di risate.
Ormai per me era una questione d'onore uccidere quell'uomo, e così diedi fuoco alla casa e soddisfatto la vidi bruciare completamente con dentro il soldato russo.
Una questione d'onore. Ma come ho potuto uccidere un uomo? Eppure l'ho fatto. La guerra aveva lentamente finito per avvelenare purtroppo anche me.
Anche i più fanatici nazisti dovevano ormai ammettere che i tedeschi avevano perso la loro grande offensiva, poiché stavamo preparandoci a una ritirata in grande stile. Un ultimo sforzo sovrumano fu tentato per assicurare la vittoria alle armi germaniche. La nostra compagnia si spinse fino a Birjutsk, dove sorprendemmo un intero squadrone di cavalleria nei suoi quartieri di riposo. In poco tempo e con poco sforzo trasformammo uomini e cavalli in un ammasso urlante e sanguinolento di uomini atterriti e di animali scalcianti. Poi fummo costretti a ritirarci perché ci stavano dando la caccia con una forza poderosa di T34.
(195) Da per tutto la battaglia era dura, e dure erano le perdite.
Massacrammo un reggimento che, circondato, rifiutava di arrendersi, come già aveva fatto il nostro 104-granatieri. Appostammo i carri sulle alture e tenemmo fuoco aperto su di loro per più di tre ore. Urlavano in maniera atroce. Quando tacquero la vista che si pre¬sentò fu più orrenda ancora: tra gli autocarri smozzicati e schiantati stavano i cadaveri incredibilmente mutilati dei soldati, ed erano tutte donne. Molte erano giovani e graziose, con denti bianchi e unghie laccate di rosso. Ciò accadde a circa un chilometro a sud del villaggio di Livny.
Il Vecchio Unno era pallidissimo in volto: « Promettiamoci ora che chi di noi uscirà vivo da questo inferno, scriverà un libro su questa schifezza che ci tocca di vivere. Dovrà essere un pugno nell'occhio dell'intera fetentissima classe militare, tedesca russa ο ame¬ricana che sia, perché tutti si rendano conto di quanto marcio e quanto stupidissimo spreco nascondono questi romantici duelli ».
Ci avevano dato ordine di distruggere tutto, prima della ritirata. Impossibile descriverne il risultato. Ponti, villaggi, strade e linee ferroviarie saltavano per aria in continuità. Tutti i viveri che non potevamo portare con noi venivano cosparsi di petrolio e di catrame ο di liquidi presi dalle latrine; i magnifici ampissimi cam¬pi di girasole arsi e poi rullati con un trattore; i maiali e tutti gli animali delle fattorie uccisi e poi messi a imputridire al sole, dove in poche ore si trasformavano in carogne puzzolenti. E dovunque si sistemavano trappole mortali, cosicché bastava aprire la porta di una casa per saltar per aria. In un paesaggio funereo di morte, lasciavamo dietro di noi la desolazione.
Come al solito il ventisettesimo reggimento rischiò di essere annientato in poche settimane, perché eravamo naturalmente alla retroguardia, impegnati in una battaglia mortale contro le preponderanti forze corazzate russe. Il reggimento era destinato a scomparire: ancora poche settimane, pochi giorni...
(196) Mentre rullavamo per una strada alle spalle delle truppe tedesche che ripiegavano rapidamente verso l'interno, ci era spesso difficile proseguire nella densa colonna di cavalleria, fanteria, artiglieria e carri in fuga. Una fila interminabile di autocarri, carri armati, cannoni, cavalli e uomini, lottava disperatamente lungo le strade sabbiose, trasformate dalla polvere e dal calore in un incubo allucinante. Nei campi ai due lati della strada sfilavano colonne altrettanto interminabili di uomini e animali, ma era la popolazione civile. Adoperavano i più strani veicoli, ai quali talvolta era attaccato qualche vecchio cavallo ο una mucca, ο un cane, un asino ο persino un uomo, ma il più spesso delle volte gli uomini trasportavano a spalle tutto quanto ormai rimaneva loro. E una sola idea li dominava: fuggire.
Strano a dirsi non vedemmo mai l'ombra di un aereo russo, altrimenti la guerra avrebbe avuto fine con l'an¬ticipo di un anno. Quando uno dei nostri veicoli aveva un guasto, fosse una piccola vettura ο un carro armato, non c'era tempo per ripararlo. Un panzer lo sospingeva nel fossato laterale in modo che non ostruisse la strada. Soldati sfiniti in gran numero si erano gettati in quel fossato, da dove ci imploravano di dar loro un passaggio, ma era severamente vietato accogliere estranei a bordo. Spezzava il cuore, udire le loro suppliche e soffocare la voce della coscienza che avrebbe voluto spingerci a prenderne almeno uno ο due con noi. Ma nessuno si fermava e nessuno li raccoglieva. L'uno dopo l'altro i grossi carri armati passavano vicino a loro, sollevando nuvole di polvere che si depositavano per i campi. Anche i profughi cadevano a centinaia e giacevano immoti nel calore atroce. E nessuno si preoccupava neppure di loro. Dal sedile di guida in fondo al carro armato, Porta schiamazzava:
« Questa sì che è una ritirata sul serio, ragazzi! Molto meglio riuscita di quella dei francesi e inglesi quando noi li inseguivamo verso il mare. Per la verità allora le nostre carrette non andavano ancora così in fretta, ma mi pare che noi stiamo per vincere tutti i records di velocità. Mi divertirebbe molto sentire cosa ci racconterà (197) adesso Goebbels della nostra razza ben riuscita di superuomini. Se continuiamo di questo passo sarò a Berlino per il mio compleanno. Stalin, micio mio, ti farò dei vestitini borghesi deliziosi, al posto di quella lurida uniforme che sei costretto a portare, e ti permetterò di dare una bella graffiata al sedere di Adolfo. Siete tutti invitati; vi offrirò purè di patate e un bell'arrosto di maiale e poi frittelle e zucchero e marmel¬lata e tutto quello che ci riuscirà di mandar giù. E andremo a prendere quell'asino senza gambe, Asmus, all'ospedale, con le sue gambe di legno e il suo cessene privato ».
Ci diede una bottiglia pregandoci di berne tutti e brindare alla meravigliosa disfatta delle forze armate nazi-prussiane.
A est di Sharkov fummo coinvolti in una vasta azione di retroguardia durante la quale perdemmo tutti i carri e ci riducemmo a fanteria.
Ero rimasto solo con Porta, a circa un chilometro dal Vecchio Unno e da tutti gli altri, alle prese con una mitragliatrice pesante. Mentre stavamo usando la mitragliatrice a tutto spiano contro i russi avanzanti, una figura umana apparve improvvisamente al nostro fianco e si sarebbe precipitata verso i russi se Porta non l'aves¬se acchiappata per una gamba.
Era il cappellano, quello stesso che aveva recitato quella preghiera poco prima che cominciasse la ritirata. Porta lo immobilizzò sedendoglisi sopra e gli diede un colpo secco sull'orecchio.
« Dove stai andando, maledetto corvo? Non starai disertando, per caso? »
« Abbiamo perso la guerra », singhiozzò il cappella¬no. « Meglio arrenderci di nostra spontanea volontà, così almeno non ci faranno alcun male. »
« Ti farò arrendere io e di corsa! Credi che abbiamo dimenticato le tue parole così edificanti con le quali ci incitavi ad assassinare questi selvaggi rossi? Adesso starai qui tu a far funzionare per benino la nostra mitragliatrice ο ti sbatto in testa la mia cartucciera finché (198) ti faccio morire di botte! Gusterai anche tu le gioie dell'eccidio che ci avevi tanto raccomandato! »
Porta gli fece un occhio nero, e quindi lo colpì con l'elmetto metallico facendolo ripiegare su se stesso co¬me uno straccio.
« Questa è... insubordinazione », gridò il cappellano in uno stato di assoluto isterismo. « Vi farò deferire alla corte marziale se non... »
Lo colpii al viso con tutta forza e appoggiando la bocca della mia rivoltella alla croce dorata ricamata sul petto della sua divisa gli gridai:
« Ο ti metti tranquillo dietro questa mitragliatrice e fai il tuo dovere passandoci le munizioni, ο ci sarà un cappellano di meno al mondo ».
Scosso da singhiozzi di collera e di umiliazione, si trascinò carponi al punto da noi indicato. Senza mai provar pietà sfogammo su di lui tutto il nostro desiderio di vendetta. Ogni volta che inciampava, lo colpivamo sulle dita con il calcio delle pistole.
« Questo è per Hans Breuer! »
« Questo è per Asmus! »
« E questo... e questo... ed eccotene un altro... per Ursula! »
E un'altro ancora perché ho ucciso una dozzina di uomini con un fucile da franco tiratore quando ero fuor di me per il dolore della morte di Ursula.
E un altro perché ho ucciso quel povero diavolo che non mi riusciva di colpire, l'altro giorno.
Vedevo rosso e la vista mi si annebbiava. Mi sfogai di tutto. E anche Porta aveva dei conticini da regolare.
« Ora che finalmente sei tra buone mani, non ci sfuggirai tanto facilmente. »
Quando tutti i conti furono regolati, lo costringemmo a correre verso le linee russe e gli sparammo nelle gambe, colpendolo in pieno, quando era già quasi giunto alle trincee nemiche. Tre mongoli uscirono carponi a prenderlo. Smettemmo di sparare soltanto quando lo ebbero portato al riparo.
« Non so cosa ne pensi tu », mi disse Porta tergendosi il sudore dalla fronte, « ma io mi sento un altro uomo. »
Di ritorno alla compagnia facemmo un rapporto regolamentare per denunciare che il cappellano von W3nau della dodicesima divisione motorizzata aveva disertato passando al nemico, e che noi gli avevamo sparato, ferendolo a una gamba nel tentativo di impedirgli la fuga. Così se per caso i russi lo avessero rimesso in libertà, ci avrebbero pensato i tedeschi a fucilarlo come disertore.
« Erano russi ο asiatici quelli che lo hanno raccolto? » mi chiese Pluto. « Asiatici. »
« Allora riceverà una bella benedizione sonora. »
Furono tutti molto soddisfatti di sapere che il cappellano era caduto tra le mani dei più feroci tra i guerrieri sovietici. Non capitava tutti i giorni a quei sata¬nassi di avere tra le mani un prete genuino.
Preferirei poter essere umano. Preferirei poter dire di non nutrire nessun istinto sanguinario; ma ancora cggi vedo rosso quando penso, ο peggio incontro, coloro che incitano alla guerra, tutti quegli idioti che apertamente, ο con infide insinuazioni, spingono ai conflitti : popoli e coltivano gli istinti bellicosi dei singoli individui. Conosco i risultati delle attività mostruose di questi propagandisti, commentatori, fanatici, freddi affaristi e avidi politicanti. Razza di vipere da distruggere, facciamoli uscire dai loro nascondigli, dalle loro tane, e che sia finita con loro. Capisco benissimo che il trattamento inflitto al cappellano fu del tutto barbaro, ma non c'era altra via d'uscita per noi. Nessuna pietà per chi predica la guerra, per quelli che costringono milioni di esseri umani pacifici ad assumere atteggiamenti inumani. Quelli sono gli esseri veramente pericolosi e come tali vanno trattati con la massima energia. E so benissimo che ogni tedesco, in cuor suo, la pensa esattamente come me. Oh, se soltanto i tedeschi riuscissero a capire chiaramente questa verità e agissero secondo i loro migliori istinti! Un'azione di tutti i tedeschi uniti contro la guerra, una resa di conti spietata con lo spirito militaresco e chi lo nutre, sistemerebbe per sempre la nostra situazione.
Prima di abbandonare definitivamente Charkov le unità del Genio la raserò al suolo. Charkov era stata una delle più belle città dell'Unione Sovietica, grande quanto Copenaghen, con una popolazione di più di ottocentocinquantamila abitanti, e considerata della stessa importanza di Mosca od Odessa. Più di trecentomila dei suoi abitanti vennero uccisi. Secondo l'ordine del giorno fieramente diramato dal generale Zeitler, fu restlos vernichtet. Dovrei dunque impietosirmi sulla sorte di un prete?
(201)« Figuratevi, se non me ne rendo conto benissimo anch'io, mio caro Beier! » Barring scosse il capo con un movimento ansioso, appoggiando la mano sulla spalla del Vecchio Unno. « Siamo arrivati ormai all'impossibile. Non è più guerra, è suicidio puro e semplice. Dobbiamo batterci con l'aiuto di bambini e di vecchietti; ma capirete che non è molto semplice neppure per loro, poveri diavoli, capitati in mezzo a questo letamaio senza nessun addestramento. Perciò vi prego, siate almeno cortesi con loro. Pensate di aver di fronte vostro padre, ο un fratellino, e trattateli come trattereste loro. Sarà successo anche a voi, a sedici ο diciassette anni, di star per scoppiare a piangere, lo giurerei. Per farmi un piacere, trattateli in maniera decente. Cercate di dar loro un certo equilibrio, per quanto sia difficile in questa situazione assurda. Se non altro non rendete loro più difficile la vita, perché proprio non se lo meritano. Che colpa ne hanno loro, poveri figli? Ma una cosa è certa a giudicare dalle ultime reclute che ci hanno mandato: siamo ormai giunti al fondo, più in là sarà impossibile andare e da ciò possiamo dedurre che la guerra è agli sgoccioli. »
« Oh no, capitano », gli rispose ridendo Porta. « Poi ci manderanno delle ragazze. Non potremmo metterci già in lista da ora perché ci mandino delle comparse cinematografiche? Sarei ansiosissimo di fare da istruttore a reclute del genere. Conosco alcuni esercizi molto stimolanti in posizione orizzontale... »
« Porta, consegnerò certo nelle tue mani lo squadrone cinematografico quando giungeremo a quel punto ». lo interruppe sorridendo von Barring. « Ma ora fatemi un piacere e ricordate quanto vi ho appena detto. Non è che un consiglio da parte mia, naturalmente, ma sono sicuro che non vi sarà difficile seguirlo. »

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